
Secondo articolo di approfondimento che descrive similitudini e differenze (qui l’articolo che raccoglie le prime) sulle attività di ottimizzazione per le app (ASO, appunto) e le più tradizionali connesse alla SEO.
Differenze
La differenza principale è quella che ho ribattezzato con “discover and replace” e vuole descrivere l’attività iniziale di analisi delle parole chiave ma, ancora di più, le successive attività di fine tuning (valutazione ed ottimizzazione di parole chiave già individuate e nuove). La discrepanza è dovuta, principalmente, ad una questione di spazio; nell’App Store, perché la discrepanza è specifica del mondo Apple, esiste infatti un campo “keywords” con una lunghezza predefinita: 100 caratteri inclusi spazi e virgole.
Da qui ne deriva che la tecnica SEO di poter pensare di produrre nuovi contenuti per intercettare nuovi volumi di ricerca viene meno; l’applicazione è un oggetto unico, non è un agglomerato complesso di contenuti come può essere un sito web.
Tornando quindi all’attività di “discover and replace” risulta più chiaro come l’attività consti nell’individuare le parole chiave che “non funzionano” e rimpiazzarle (stando dentro i 100 caratteri) con altre che dovranno essere oggetto di test.
Un’altra dissomiglianza è rappresentata dai criteri di valutazione di una parola chiave; sussistono i concetti “volume di ricerca” e “competitività” ma è bene aggiungerne uno: lunghezza.
La premessa è che, nonostante tutto, scrivere da smartphone resta un’attività scomoda, non immediata, non così semplice; in tal senso scegliere una parola chiave troppo lunga potrebbe non essere efficace perché l’utente potrebbe essere indotto a sceglierne una tra le suggerite (v. screenshot) prima di arrivare a completare la digitazione della query.
Naturalmente sussistono delle differenze anche a livello di algoritmo; parlando di parole chiave, ad oggi, l’algoritmo di App Store non è in grado di capire, distinguere da solo singolari, plurali, sinonimi e contrari. Cosa che invece succede in Google Play perché l’algoritmo sfrutta le capacità di quello web,
E non serve ripetere, tanto o poco, la parola chiave (sempre per App Store): i due campi “buoni” per la ASO sono il titolo/nome dell’app ed il campo “keywords” (il campo “description” non ha peso in termini di ottimizzazione) ed una best practices è quella di non ripetere un termine in entrambi i campi.
Su Google Play, invece, il campo descrizione è un fattore che concorre ad un miglior posizionamento nello store.
I tool che oggi supportano le attività di ASO, a livello di analisi delle parole chiave, stanno iniziando ad introdurre un indice di fattibilità, non proprietario degli store ma calcolato sulla base dei dati che questi tool registrano; è naturalmente una stima ma, dall’altra parte, rappresenta un ottimo “indizio”.
Ad oggi, a differenza della SEO e delle SERP personalizzate che vediamo tutti i giorni, i dati dell’utente, le sue abitudini di utilizzo, le preferenze e le cronologie delle ricerche non impattano sui risultati di ricerca nello store.
In termini di tempistiche, sempre parlando di disuguaglianze: (a) lato algoritmo le modifiche hanno un effetto quasi immediato e (b) da un punto di vista di chi si occupa di questa attività, ha senso intensificare le attività di controllo (del posizionamento) almeno a livello settimanale.
A livello di risultato, poiché come visto prima il concetto di long tail qui non c’è, nell’ASO è difficile accontentarsi di quella che possiamo chiamare seconda pagina (ovvero dal decimo risultato in poi); gli esperti di ASO affermano che il risultato minimo, in termini di soddisfazione, è la Top10.
E voi che vi occupate di posizionamento all’interno degli app store (ed immagino anche di SEO), avete individuato altre similitudini o differenze?
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